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Calendary Dal 14-11-2024 al 31-12-2024

Ivo Saglietti. Un fotografo in cammino

Apre a Genova, negli spazi espositivi di Palazzo Grillo – Primo Piano, la mostra fotografica Ivo Saglietti. Un fotografo in cammino, promossa dall’Associazione Archivio Saglietti APS e curata da Giovanni Battista Martini e Federico Montaldo, con il sostegno di Camera di Commercio di Genova e con il patrocinio del Comune di Genova.

La mostra presenta circa 40 fotografie “vintage” originali in bianco/nero e materiali di corredo, una prima grande retrospettiva per ricordare la figura e l’opera di questo grandissimo fotografo, schivo e silenzioso, nel primo anniversario della sua scomparsa, proprio nella città dove aveva scelto di vivere e che oggi ospita il suo archivio.

Costantemente sorretto da un forte senso etico, Ivo Saglietti ha da sempre orientato il suo sguardo e il suo obiettivo verso la parte più sofferente dell'umanità, percorrendo e abitando le strade di Paesi in situazioni di crisi e di conflitto per raccontarne il dolore, ma anche la resistenza e la speranza. Le sue opere sono state esposte in numerose mostre in sedi importanti in Italia e all’estero e i suoi reportages hanno conquistato il World Press Photo Award - uno dei premi internazionali più prestigiosi nel campo del fotogiornalismo – nel 1992 e due menzioni d’onore allo stesso concorso nel 1999 e nel 2011. La retrospettiva genovese si propone di indagare e valorizzare, a un anno dalla scomparsa e in un momento tanto delicato per l’intero scenario internazionale, il prezioso contributo di Saglietti al fotogiornalismo, italiano e non solo; un contributo mai distaccato né univocamente documentativo; un lavoro profondo, mai autocompiaciuto, sempre rispettoso quanto duro e diretto; un lavoro drammaticamente attuale nelle domande che ancora pone e nei temi che ha affrontato in oltre quarant’ anni di attività: la guerra e le sue conseguenze sulla popolazione civile, le migrazioni e le frontiere; le grandi questioni del cibo e dell’acqua, i nuovi sfruttamenti della manodopera.

La mostra ripercorre attraverso immagini d’epoca originali, le tappe di un lungo cammino per il mondo, cammino ad un tempo umano e professionale, che ha visto Saglietti lavorare in assoluta prevalenza all’estero: dalle tante guerriglie centro e sudamericane degli anni '80 al  Medio Oriente - Cile, Nicaragua, Salvador, Panama, Haiti, Repubblica Dominicana, Palestina, Cisgiordania, Gaza, Libano Siria; dall'Africa - Uganda, Nigeria, Niger e Kenia - alla guerra nei Balcani - Kosovo,Serbia,Bosnia, Croazia, Macedonia-; senza dimenticare i diversi progetti tematici a lungo termine.

In esposizione anche alcune fotografie del ciclo DEIR MAR MUSA, un più ampio progetto dedicato all’esperienza comunitaria dell’antico monastero siro antiocheno Deir Mar Musael- Habasci (San Mosè l’Abissino), luogo di ospitalità e di scambio interreligioso cattolico e musulmano sulle montagne della Siria. Un esempio di dialogo possibile e necessario tra le religioni e gli uomini avviato dal fondatore della comunità, il gesuita Padre Paolo Dall’Oglio con cui Saglietti – ateo di forte spiritualità - aveva instaurato una profonda amicizia e comunione di spirito. Padre Dall’Oglio fu sequestrato nel 2013: di lui non si è mai più avuta alcuna notizia. Un cammino di scatti rigorosamente in bianco e nero in cui ogni foto è una domanda, è una narrazione, costruita con il tempo necessario per poter raccontare una storia. Una testimonianza per immagini del suo aver voluto essere testimone, delle tragedie del genere umano cosi come della sua cecità e avida stupidità.

Scatti lenti, frutto di un pensiero, risultato ultimo dell’immergersi con empatia e grande rispetto in ogni situazione, anche negli scenari piu’ duri e violenti; scatti sempre contraddistinti da quell'attimo di umanità che, per Saglietti, doveva necessariamente accompagnare il destino dell'uomo, come ci ricordano le parole dello scrittore e amico Paolo Rumiz: “Amico mio, dal nome un po’ slavo, hai certo una malinconia slava nell’anima per aver guardato negli occhi la miseria del mondo (…). Alla fotografia hai sempre chiesto qualcosa che va molto oltre gli effetti speciali, qualcosa che si chiama destino”.

Ingresso libero.

 

NOTA CURATORI
“L’uomo, il destino, il cammino" È intorno a questi tre temi che si snoda l’intera vicenda umana e professionale di Saglietti. Dai primi passi a Torino come cineoperatore, alle tante guerre e guerriglie centro e sudamericane, mediorientali e balcaniche, coperte in assignement per le più importanti testate internazionali. Poi la scelta di abbandonare quel percorso per soddisfare quella insopprimibile urgenza di esprimersi attraverso progetti a lungo termine, che lo porteranno a ripercorrere la via degli schiavi, a raccontare il dramma dei migranti, le tormentate frontiere della ex Jugoslavia, il destino del popolo palestinese e molti altri luoghi tormentati della terra. Sorretto da un’etica del proprio lavoro di fotografo che è oggi merce rara – travolti come siamo da immagini inutilmente violente, pornografiche, sbattute in faccia da ogni dove e con ogni mezzo – Saglietti non dimentica mai di fare trasparire quell’attimo di umanità, che, come osservava Eugene W. Smith (non a caso tra i suoi dichiarati Maestri), deve sempre accompagnare una buona fotografia. Non smette mai di interrogarsi Saglietti. Lo fa col mezzo fotografico, così come uno scrittore usa la parola. Non per niente il senso più profondo del suo lavoro lo si coglie non già dalla singola immagine (per quanto efficace possa essere), ma dal progetto nel suo complesso, editato secondo una logica narrativa in cui una fotografia segue la precedente e anticipa quella successiva. Progetti che durano anni ed ai quali è difficile dare un termine; nella consapevolezza che l’esperienza umana è un cammino in continua trasformazione e che sarebbe velleitario pretendere di mettervi la parola fine.
Già, il cammino. Un cammino fisico anzitutto. Per fare buona fotografia occorre avere buone scarpe, ha affermato Koudelka rispondendo al quesito sulle qualità necessarie per fare il fotografo. Ivo Saglietti ha sempre avuto buone scarpe: solide, forti, essenziali. Ma anche un cammino meditativo, lento, silenzioso, metafora di uno sguardo da
cui scaturisce una fotografia necessaria e asciutta come il bianco e nero che ne scandisce le immagini. La mostra è costituita a partire da un cospicuo numero di fotografie “vintage”, in differenti formati, stampate ai sali d’argento e di grande qualità. Non si tratta di una retrospettiva in senso classico. Chi già conosce il lavoro di Saglietti noterà delle assenze significative, ma resterà anche sorpreso di trovare materiale poco conosciuto o addirittura inedito.
Una mostra che tuttavia ha le caratteristiche per tratteggiare la figura del fotografo e dell’uomo Ivo Saglietti. Le opere esposte abbracciano un periodo che va dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso fino agli anni ’10 del nuovo. Alcune immagini del progetto DEIR MAR MUSA dedicato al dialogo possibile tra le religioni e gli uomini attraverso l’esperienza comunitaria dell’antico monastero siro antiocheno Deir Mar Musa el-Habasci (San Mosè l’Abissino), un luogo di scambio interreligioso cattolico e musulmano sulle montagne della Siria fondato dal gesuita Padre Paolo Dall’Oglio, sequestrato nel 2013 e di cui non si è mai piu’ avuta alcuna notizia, legato ad Ivo Saglietti da una profonda amicizia e comunione di spirito. E ancora dal Nicaragua della guerriglia sandinista al Cile di Pinochet (da cui è stato tratto il suo primo libro, Il rumore delle sciabole), al reportage dei nuovi schiavi ad Haiti; dalla guerriglia di Sendero luminoso in Perù (che gli valse il suo primo World Press Photo award), all’Intifada della Palestina, alle conseguenze tragiche delle guerre balcaniche (Kosovo e Srebrenica).

Giovanni Battista Martini, Federico Montaldo

 

BIO IVO SAGLIETTI
Ivo Saglietti nasce a Tolone, nel 1948. Trascorre l’adolescenza ad Alba. Nel 1968 è a Torino, studente di Scienze Politiche in quegli anni turbolenti e inquieti, impegnato politicamente nel Movimento Qui inizia la propria attività come cineoperatore, partecipando alla realizzazione di alcuni reportages a sfondo politico-sociale. Nel 1975 inizia a occuparsi di fotografia, lavorando nelle strade e nelle piazze della contestazione. Nel 1978 si trasferisce a Parigi, dove, grazie all’amicizia con Mario Dondero, affina la sua conoscenza fotografica ed entra in contatto con il mondo del fotogiornalismo. Da qui iniziano i suoi viaggi come Reporter-Photographe, dapprima con agenzie francesi, in seguito per conto di agenzie americane e per le grandi riviste internazionali (Newsweek, Der Spiegel, Time, The New York Times), per i quali copre in assignement situazioni di crisi e di conflitto in America Latina, Medio Oriente, Africa e Balcani. Nello stesso tempo inizia a lavorare su progetti a lungo termine, a cominciare da "Il Rumore delle Sciabole",  reportage dal Cile di Pinochet (1986-1988), da cui il suo primo libro fotografico. Nel 1992 conquista il premio World Press Photo con un servizio su un'epidemia di colera in Perù; nel 1999 la menzione d' onore allo stesso concorso per un reportage sul Kosovo e, nel 2011, per una fotografia su Srebrenica, Bosnia.
Nel 2000 diviene membro associato dell'agenzia fotogiornalistica tedesca Zeitenspiegen Reportagen. Nel tempo si orienta sempre di più verso progetti fotografici di lunga durata, che gli permettono di raccontare le storie in modo più personale, articolato e meno condizionato dalle esigenze e richieste dei settimanali. Tra questi si ricordano il reportage che ripercorre la via degli schiavi dal Benin alle piantagioni di canna da zucchero della Repubblica Dominicana e di Haiti; quello sulle tre grandi malattie da infezione (aids, malaria e tubercolosi); quello che racconta del dialogo possibile tra le religioni attraverso l’esperienza comunitaria dell’antico monastero siro antiocheno di Deir Mar Musa el-Habasci e infine a quello sulle frontiere nel Mediterraneo e del Medio Oriente e dei Balcani. Ha esposte le sue fotografie in molte mostre in importanti sedi, in Italia e all’estero.
È scomparso a Genova il 2 Dicembre 2023.

 

L’ARCHIVIO SAGLIETTI APS -  Archivio Saglietti
Archivio Saglietti APS è un Associazione di Promozione Sociale nata nel 2024 a Genova, città che Ivo Saglietti ha scelto come sua ultima casa, per promuovere, diffondere e divulgare la sua opera, l’impegno sociale e culturale e i principi che hanno sempre ispirato il suo lavoro. L’Archivio fotografico raccoglie migliaia di negativi in bianco e nero- ed una più ridotta parte a colori - dei reportage e dei progetti fotografici di Saglietti, oggi in parte digitalizzati, suddivisi per progetti e temi su cui l’Autore ha lavorato nel corso della sua lunga carriera professionale .
L’Associazione è aperta inoltre alla valorizzazione della fotografia e degli archivi fotografici di altri autori in tutte le differenti forme, anche tramite la realizzazione di corsi di formazione, l’ organizzazione di attività e iniziative culturali ed artistiche, la promozione e la tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici.

 

Info utili

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Orari:

Giovedi e venerdi dalle ore 16:00 alle ore 20:00; sabato e domenica dalle ore  14:00 alle 20:00

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